Quando si mangia a un all you can eat è facile pensare di poter consumare senza limiti, ma bisogna prestare attenzione alle regole
Andare a mangiare fuori per molti può rappresentare un momento di svago e condivisione, per altri invece una pura necessità. C’è chi sceglie di sedere a un ristorante per praticità, magari durante la pausa pranzo dal lavoro, senza l’incombenza di portare il panierino da casa. Ma c’è anche chi invece desidera, una o più volte a settimana, recarsi presso il proprio locale preferito per trascorrere una serata in totale relax assaporando piatti gustosi.
In un periodo in cui il carovita continua a pesare, la soluzione più vantaggiosa per ridurre le spese della ristorazione appare però quella di rivolgere la propria scelta a un all you can eat. Una formula nata in America agli inizi del ‘900 e a oggi sempre più adottata da tantissime attività del settore.
Il funzionamento è quello ormai ben noto: si può mangiare ciò che si vuole fino a saziarsi pagando un prezzo fisso. Ma questa modalità di consumo è davvero “senza limiti”? Ogni ristoratore può scegliere di imporre le sue personali regole, che possono leggermente variare da uno all’altro. In alcuni casi, ad esempio, viene indicato nel menu un numero massimo di richieste per una determinata portata.
Le limitazioni del menù “all you can eat”: cosa considerare per evitare sorprese
“Tutto quello che riesci a mangiare”, questa è la traduzione letterale della formula proposta da moltissimi ristoranti. Facile immaginare dunque, di potersi sedere al tavolo e consumare senza interruzione tutti i piatti di cui si ha voglia. Il buonsenso chiaramente, in questo caso deve intervenire. Se da una parte infatti, è vero che il ristoratore non ha la possibilità di imporre un limite alla quantità di cibo ordinata dal cliente, dall’altra un limite si può porre nelle tempistiche.
Il ristorante non potrà mandar via qualcuno che mangia troppo, ma allo stesso tempo potrà invitare, soprattutto negli orari di maggiore affluenza, a rispettare un orario per la seduta. Potrebbe capitare che l’addetto alla sala o il responsabile comunichino al cliente che dovrà liberare il tavolo entro una determinata ora, seppur resta invariata la sua libertà di ordinare tutto ciò che desidera.
Un ulteriore fattore da considerare sono le specifiche riportate sul menù. Molto frequente è l’indicazione in cui si legge l’obbligo di pagare eventuali piatti che sono stati ordinati e non consumati. Una misura ovviamente finalizzata a evitare lo spreco di cibo che potrebbe verificarsi proprio a causa dell’ingordigia dovuta alla possibilità di richiedere portate senza un limite.